Attualmente sempre più spesso si sente parlare di “dipendenza affettiva” o “mal d’amore”.
Troviamo articoli su molte riviste o all’interno della posta del cuore o in molti libri (uno dei più rappresentativi è il fortunato “Donne che amano troppo”).
Ma cosa s’intende per dipendenza affettiva?
Non siamo forse tutti dipendenti in qualche modo affettivamente da chi ci sta vicino? Amici, famiglia, compagni e coniugi rappresentano dei legami che definire vitali non appare eccessivo.
Considerando ciò, quale è la linea che definisce quando un legame è patologico e quando invece è funzionale?
Tecnicamente si può parlare di dipendenza affettiva quando all’interno della coppia appare evidente una mancanza di equilibrio, un’asimmetria nei ruoli rivestiti dai membri della stessa: da una parte abbiamo un donatore d’amore a senso unico, una persona che vede nel rapporto la propria ragion di vivere, che si prodiga per la crescita della stessa rivestendo ruoli che vanno dall’infermiere, al genitore, al complice, al soccorritore, dall’altra, abbiamo solitamente un partner sfuggente, distaccato o problematico che meno investe all’interno del rapporto stesso.
Quanto appena descritto vuole essere un quadro meramente rappresentativo della coppia tipo e non pretende essere esaustivo di tutte le situazioni. La sovra citata coppia tipo esemplifica chiaramente ciò che s’intende per dipendenza affettiva: un membro della coppia (più spesso la donna) dedica tutta se stessa al rapporto a due fino ad annullare ogni altro suo interesse come amicizie, carriera, famiglia (e molto spesso anche se stessa) in nome del rapporto; il bisogno dell’altro è vissuto come unico interesse della propria esistenza divenendo ben presto una vera e propria ossessione, o se vogliamo, una vera e propria dipendenza.
Col passare del tempo accade così di ritrovarsi immersi in rapporti poco appaganti, che consumano e che mettono la persona dipendente in una posizione sottomessa al fine di mantenere la vicinanza dell’altro.
Erich Fromm disse: “se un individuo è capace di amare positivamente, ama anche se stesso; se può amare solo gli altri, non può amare affatto“.
Questa citazione descrive chiaramente la natura del problema: amare disperatamente gli altri (il coniuge o compagno in questo caso) e far di tutto per far funzionare il rapporto di coppia è deleterio se alla base di esso non c’è rispetto e amore per se stessi; solo attraverso la formazione di un sé stabile è possibile costruire rapporti armonici ed equilibrati.
La scarsa stima di sè o disamore porta molto spesso a scegliere partner che hanno il ruolo di colmare mancanze personali; l’avere qualcuno vicino che non ci faccia sentire soli ad affrontare il mondo esterno appare così prioritario rispetto al benessere stesso. In alcune coppie la situazione appare invertita e il partner dipendente assume il ruolo di salvatore dell’altro, immolando tutto se stesso alla causa di redimere l’altro, ignorando costantemente tutti i segnali di incompatibilità relazionale in nome della missione.
Ciò che si verifica in questo caso è di innamorarsi dell’idea del partner più che del compagno stesso, di ciò che potrebbe diventare “solo se..” cominciasse a fare un passo in una determinata direzione, ed è questo ciò che continua a spronare a sopportare situazioni normalmente ritenute intollerabili.
Un rapporto di coppia equilibrato ed appagante è quello in cui, attraverso l’amore reciproco, si sperimentano scambio e crescita, mentre il dipendente affettivo cerca nell’altro qualcuno a cui aggrapparsi e che colmi tutte le sue lacune e carenze affettive. Le persone dipendenti spesso non si fidano completamente del partner e vivono con la costante paura di esser traditi, dimenticati o abbandonati, perciò, al fine di ottenere sicurezza, chiedono al compagno maggior contatto, maggiori attenzioni arrivando in molti casi ad esasperare l’altro membro della coppia.
Attualmente la Dipendenza Affettiva rappresenta un disturbo in corso di categorizzazione che appartiene a quelle che vengono definite le nuove dipendenze patologiche o New Addiction (come quella da gioco d’azzardo, da internet, da shopping etc.).
Il termine si riferisce a quelle nuove forme di dipendenza legate a un comportamento e non all’utilizzo di sostanze chimiche.
Il termine “addiction” si riferisce proprio al fatto che, come la dipendenza da sostanze chimiche, quella di tipo affettivo ne condivide degli aspetti fondamentali ovvero le diverse fasi:
– ebbrezza (la sensazione di piacere riscontrabile solo attraverso la vicinanza col partner)
– tolleranza (l’aumento del tempo speso col partner a discapito della propria autonomia)
– astinenza (l’assenza del compagno pone il soggetto in uno stato di profonda inquietudine e allarme)
La tendenza di alcune persone a sperimentare questo genere di dipendenza sembra essere correlata con alcune caratteristiche di personalità quali la mancanza di autonomia, la scarsa capacità decisionale e un’immagine di sé fragile e bisognosa di aiuto; tutte queste componenti agevolano l’eccessivo affidamento ad altre persone per sentirsi al sicuro.
Anche le esperienze vissute nel corso dell’infanzia hanno un ruolo chiave nella formazione di questa dipendenza; il rapporto con la famiglia di origine rappresenta nella maggior parte dei casi lo stampo su cui si modellano le successive relazioni affettive.
Come liberarsi dalla dipendenza affettiva?
Attualmente sono disponibili molte metodologie per aiutare le persone a risolvere questo stile relazionale patologico come la Terapia Cognitivo Comportamentale.
L’obiettivo è ricostituire un senso di sé efficace ovvero cercare di sviluppare quelle capacità che permettono di regolare le proprie scelte di vita e le proprie emozioni in modo autonomo.